sabato 26 novembre 2011

Da rifiuto a risorsa: una tecnologia pulita per la valorizzazione dei reflui dell’industria olearia

Lo smaltimento delle acque di vegetazione derivanti dall’attività di molitura rappresenta un serio problema per l’industria olearia. Numerosi studi sono stati condotti sulle possibili modalità di gestione di quello che rappresenta da molti anni uno dei reflui agro-industriali più inquinanti e problematici.

Diversi processi fisici sono stati testati per il trattamento dell’acqua di vegetazione, quali diluizione, evaporazione, sedimentazione, filtrazione e centrifugazione, ma nessuno di essi è in grado da solo di ridurre il carico organico e la tossicità del refluo a livelli accettabili.
Anche i processi biologici, considerati tra i più affidabili e sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico, sono stati ampiamente studiati per il trattamento dei reflui oleari. Tra questi, la digestione anaerobica è il metodo più interessante, dal momento che ha bassi fabbisogni energetici, produce una ridotta quantità di fanghi e consente un recupero di energia, grazie alla  produzione di metano che può essere utilizzato per generare energia elettrica e termica.
Tuttavia, i risultati di trattamenti di digestione anaerobica applicati direttamente all’acqua di vegetazione sono di solito non soddisfacenti, richiedendo processi di pre-trattamento del refluo. Inoltre, risultano particolarmente difficili la scelta dei microrganismi da impiegare e il loro acclimatamento. Le difficoltà sono legate alla presenza di sostanze recalcitranti alla degradazione biologica o inibenti la crescita microbica, come i composti fenolici e gli acidi grassi a lunga catena. Quindi singoli processi di trattamento biologico, aerobici o anaerobici, non sono in grado di garantire una depurazione efficace.
Numerosi altri metodi sono stati proposti per il trattamento dell’acqua di vegetazione: compostaggio, flocculazione/coagulazione, degradazione fotochimica, ossidazione, adsorbimento, fitodepurazione, etc.
Nessuna di queste tecnologie appare, allo stato attuale, una soluzione definitiva ed economicamente vantaggiosa del problema, sostenibile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e l’acqua di vegetazione - di fatto - rappresenta ancora un agente inquinante molto diffuso per i corsi d’acqua e le falde acquifere delle aree olivicole e l’elemento decisivo della  sopravvivenza del tessuto di imprese olearie, artigiane ed industriali.

L’unica soluzione oggi disponibile: lo spandimento su suolo agricolo
Attualmente l’unica soluzione che hanno a disposizione i frantoiani per lo smaltimento delle acque di vegetazione è rappresentata dall’utilizzazione agronomica, cioè dallo spandimento sui suoli agricoli secondo quanto stabilito dalla legge 11 novembre 1996, n. 574.
Lo spandimento deve essere effettuato tenendo conto delle caratteristiche geologiche, morfologiche, idrologiche ed agroambientali del sito di spandimento, salvaguardando le acque superficiali e di falda, limitando le esalazioni maleodoranti e nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e ambientali vigenti.
Le limitazioni imposte (scelta del sito adatto dal punto di vista geologico e morfologico, limite massimo di refluo per ettaro, divieto di spandimento su suolo saturo d’acqua, …) rendono molto difficile per i frantoiani effettuare lo spandimento nel rispetto della normativa.
C’è, dunque, un urgente bisogno di soluzioni alternative per la gestione dei reflui oleari, mediante tecnologie che riducano il loro  impatto ambientale e conducano ad un uso sostenibile delle risorse.

L’obiettivo: convertire il refluo in risorsa
Se da un lato l’acqua di vegetazione presenta problemi di gestione e smaltimento ancora irrisolti, dall’altro è una fonte di composti dalle importanti proprietà biologiche.
I composti fenolici, di cui l’acqua di vegetazione è molto ricca (3-10 g l-1), da un lato sono i principali responsabili della sua fitotossicità e difficile degradazione biologica, dall’altro possiedono proprietà antiossidanti, anti-infiammatorie, anti-aterogene, anti-virali e anti-carcinogeniche che li rendono oggetto di grande interesse per l’industria degli alimenti e dei cosmetici funzionali.
Recuperare, dai reflui oleari, antiossidanti naturali da impiegare nel settore cosmetico, alimentare o fitoterapico consentirebbe di convertire un refluo di difficile gestione in una risorsa da valorizzare.
Fu questo uno degli obiettivi di un primo programma di ricerca, co-finanziato dal MIUR, che dal 2005 al 2008 ha portato l’Industria Olearia Biagio Mataluni srl (IOBM) di Montesarchio (Benevento), in collaborazione con il Dipartimento di Scienza degli Alimenti dell’Università di Napoli Federico II, a sviluppare  su scala di laboratorio e prototipale diversi processi di recupero e purificazione dei biofenoli dalle acque di vegetazione. Il lavoro è stato realizzato dal Centro Ricerche per l’Industria Olearia (CRIOL) della Industria Olearia Biagio Mataluni. 
I risultati incoraggianti ottenuti hanno spinto a continuare le attività di ricerca e di prototipazione.

Attualmente, il progetto RE-WASTE, avviato nel 2009 con il contributo finanziario della Commissione Europea e coordinato dalla Industria Olearia Biagio Mataluni, ha consentito di testare  su scala pilota e presentare al settore oleario italiano e spagnolo una tecnologia sostenibile per valorizzare l’acqua di vegetazione olearia, attraverso il recupero di:
-   acqua purificata, da re-impiegare nei processi aziendali, ad esempio come acqua di lavaggio;
-   estratti fenolici ad attività antiossidante, da impiegare nell’industria cosmetica, alimentare o fitoterapica;
-   biogas dal quale è possibile ottenere energia elettrica e calore.

Il progetto RE-WASTE
L’idea alla base del progetto RE-WASTE (Recovery, recycling, resource. Valorisation of olive mill effluents by recovering high added value bio-products) è quella di diffondere la consapevolezza che è possibile convertire un refluo inquinante e di difficile smaltimento in una preziosa  fonte di energia e di molecole ad attività biologica, attraverso un processo sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale. Il progetto, co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE+ (progetto n. LIFE07 ENV/IT/421), è stato avviato nel gennaio 2009 e avrà durata triennale.
Coordinate dalla Industria Olearia Biagio Mataluni di Montesarchio (BN), le attività del progetto prevedono la collaborazione tra l’azienda olearia campana, il Parco Scientifico e Tecnologico di Salerno e delle Aree Interne della Campania S.C.p.A., la società Euroimpresa SpA e il Centro Tecnológico Nacional de la Conserva y Alimentación, che si occuperà dell’attività di divulgazione in Spagna dei risultati del progetto.

Le fasi del processo
Il processo messo a punto per la valorizzazione delle acque di vegetazione è articolato in diverse fasi:
·    Pre-trattamento
Ha lo scopo di ridurre, nel refluo, il contenuto di solidi sospesi e di grasso, in modo da aumentare la permeabilità nelle fasi successive di filtrazione tangenziale e ridurre l’intasamento delle membrane.
·    Filtrazione tangenziale a membrana Il refluo, dopo pretrattamento, viene sottoposto a tre passaggi successivi di filtrazione tangenziale (ultrafiltrazione, nanofiltrazione, osmosi inversa) su membrana polimerica a spirale avvolta. In questo tipo di filtrazione il liquido da trattare si muove con flusso parallelo alla superficie filtrante, in maniera tale da impedire ai composti in soluzione di depositarsi sulla superficie attiva della membrana, evitandone così il rapido intasamento.
·    Purificazione su resine adsorbenti
I tre passaggi di filtrazione tangenziale a membrana consentono di separare e concentrare diverse frazioni organiche dall’acqua di vegetazione. In tal modo è possibile separare la frazione contenente i polifenoli. Questi composti, di cui l’acqua di vegetazione è particolarmente ricca, possiedono importanti proprietà biologiche, in particolare sono ottimi antiossidanti. La frazione contenente i polifenoli, concentrata mediante filtrazione a membrana, viene sottoposta ad un processo di purificazione su resine adsorbenti. Si ottiene, in tal modo, un estratto fenolico concentrato, dotato di numerose proprietà biologiche.   
·    Digestione anaerobica
Le frazioni organiche prive di composti fenolici, concentrate mediante filtrazione tangenziale a membrana, sono sottoposte a  digestione anaerobica per produrre biogas. La digestione anaerobica è un processo biologico per mezzo del quale, ad opera di diversi gruppi di microrganismi e in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas, costituito principalmente da metano e anidride carbonica. Dopo aver subito i trattamenti necessari, il biogas potrà essere utilizzato per la produzione di energia elettrica e calore.

Un impianto pilota da 20 m3 al giorno
Presso il frantoio della Industria Olearia Biagio Mataluni è stato installato un impianto pilota dimostrativo, in grado di trattare, secondo il processo descritto e in maniera completamente automatizzata, circa 20 m3 al giorno di acqua di vegetazione.
L’impianto è utilizzato per condurre una attenta analisi costi-benefici del processo, in vista di uno scale-up su scala industriale, oltre che per lo svolgimento di attività dimostrative.
Incontri dimostrativi e visite guidate consentono ad operatori di settore, tecnici, amministratori e studenti di assistere personalmente all’applicazione del processo. Per essere aggiornati sul programma degli eventi organizzati nell’ambito del progetto e sui risultati ottenuti, è possibile visitare il sito web www.re-wasteproject.it.

4 commenti:

  1. Interessantissimo Rosalba. Grazie per questo post...io sono una persona attentissima, evito gli sprechi, studio sempre nuovi modi per riciclare e limitare l'inquinamento. Un bacione!

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  2. complimenti per il link che hai pubblicato molto interessante mi sono aggiunta se ti va passa a trovarmi

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  3. Molto interessante!!!
    Felice lunedì!!!
    Un bacio!!!

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